Navigando navigando

Dall’8 settembre al 20 ottobre 2017 appena rientrato da 40 giorni di navigazione come marinaio-aiuto skipper nell’arcipelago dalmata (Chioggia-Spalato-Chioggia) a bordo di un Hanse54, sono stato imbarcato sulla nave Aquarius come membro del SAR Team (Search and Rescue) che opera nel mar libico per la ONG SOS MEDITERRANEE .

Dalla navigazione da diporto in una porzione di mondo occidentale ricco come la costa croata dove difficilmente si incontrano persone provenienti dall’Africa all’alto mare libico (fino a 25 miglia dalla costa) il salto è stato grande e le emozioni difficili da descrivere. Posso solo dire che molte situazioni, sensanzioni e immagini sono ormai sono stampate per sempre nella mia mente e hanno reso la mia realtà quotidiana,  per quanto complessa, per il lavoro intermittente e il reddito non sempre garantito,  un mondo dorato.

Ascoltando i commenti dell'”uomo della strada”, dei politici in TV o addirittura dei  bimbi o dei ragazzi che incontro a scuola durante le supplenze, mi rendo conto di quanto possa essere potente il macchinario massmediatico che costruisce pregiudizi e stereotipi e strumentalizza, facendo leva sulle paure, un problema che in realtà non è un problema: le migrazioni sono sempre esistite e l’esigenza di migliorare la propria esistenza se non addirittura sopravvivere a guerre e carestie noi italiani lo conosciamo bene. Nel  2016 , 114.000  italiani sono andati all’estero e l’esodo degli ultimi anni, complice la crisi, è comparabile a quella del dopoguerra: eppure i paesi dove i nostri compatrioti si recano non si appellano all’ “aiutiamoli a casa loro”.  Con mafia, camorra e ‘ndrangheta, siamo stati in passato campioni di un export malavitoso di cui abbiamo il copyright, eppure,  pur in presenza di un calo dei reati che va avanti da almeno 10 anni,  si grida al problema SICUREZZA.

Detto questo, quando giorno dopo giorno conosci le storie di vita di centinaia di ragazzi africani e conosci quante sofferenze si nascondono dietro quei viaggi, come ad esempio le realtà infernali dei i campi di detenzione-lager libici, le estorsioni infinite di denaro, le torture come strumento di comunicazione principale viste con i miei occhi sui loro corpi, ti rendi conto di quanta cattiveria ed ogoismo si cela dietro slogan come appunto “aiutiamoli a casa loro”. Dopo decenni di  fiumi di denaro dall’occidente ai paesi in via di sviluppo e confluiti spesso nelle casse di dittatori corrotti con i quali le multinazionali occidentali facevano e fanno tuttora affari, garantendo flussi di denaro ingenti che confluiscono in un numero  sempre più ristretto di cinici imprenditori, questo luogo comune risuona a dir poco stonato.

Sulla nave Aquarius, in quelle 6 settimane, oltre 1.000 sono state le persone soccorse insieme agli altri colleghi del team e che abbiamo letteralmente tirato su dal mare evitandone il sicuro annegamento: indimenticabile, tra tutti, il giorno in cui per la prima volta avvistai uno dei tanti gommoni “usa e getta” in cui i carcerieri libici stipano migranti disperati e ignari del loro destino, così come le giornate concitate al termine delle quali siamo tornati in Italia con 606 migranti di cui oltre 240 minori e molti bimbi. La nave Aquarius, quel giorno fu ribattezzata dai mass media la “nave dei bambini“.  Calcolando la distanza dalla costa, le condizioni meteo e la tipologia delle imbarcazioni, i migranti trascorrono diversi giorni in balia delle onde,  su gommoni che non sono fatti per navigare tanto che poche onde  un po’ più alte delle precedenti bastano a strappare il tessuto in PVC (come quello dei canotti-giocattolo) e a fare imbarcare acqua; questa si mischia con la benzina che inevitabilmente tracima dalle grosse taniche che vengono fornite dai trafficanti per il vaggio della speranza o meglio della disperazione perchè quel mix di acqua salata e benzina diventa una soluzione caustica che per chi ha un malore e cade all’interno del gommone –  spesso stipato di oltre 120 persone  – può risultare fatale. A volte si sono imbarcate anche 190 persone che su un gommone di circa 10mt rappresentano circa 8 persone a metro quadro: non è inusuale trovare a bordo cadaveri affogati in quel mix letale profondo solo 50cm.  A me non è capitato di dover portare a bordo dei cadaveri ma credo che lo shock dei corpi denutriti, come  solo nei documentari filmati nel dopoguerra nei campi di sterminio nazisti  ricordo di aver visto, di un gruppo consistente di eritrei e somali non sarà mai dimenticato.

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