Ogni epoca dittatoriale si preannuncia con una cultura strettamente funzionale ad essa ed in particolare da una narrazione dei fatti, da quelli economici a quelli sociali, assolutamente di parte. Tale narrazione, per la sua reiterazione, oggi amplificata oltre che dai mass-media mainstream (in Italia ormai quasi tutti) dai social-media e dai cosiddetti “influencer” che agiscono attraverso blog e siti web è potentissima perché plasma il pensiero dall’alto di un’autorevolezza acquisita negli anni, sia sui media di ispirazione “progressista” sia su quelli più conservatori: la differenza, tra gli uni e gli altri, in quanto a linguaggio, significati e significanti, si è ormai assottigliata. Per fare un esempio, tra l'”aiutiamoli a casa loro” di renziana (o minnitiana) memoria e “prima gli Italiani” sta solamente una certa dose in più o in meno di violenza verbale e culturale ma la sostanza non cambia. Se poi si passa dalle parole ai fatti, quelli che anche la cosiddetta sinistra ha eseguito, sebbene nell’ombra e sotto-traccia come ad esempio gli accordi di Minniti con uno dei tre clan libici per fermare ed “eliminare” alla radice il problema dei viaggi per mare dei migranti, le differenze quasi si annullano: ciò che cambia è lo sdoganamento di massa, attraverso, appunto, il racconto, lo stravolgimento dei dati e delle parole, del razzismo e dell’odio etnico. La denigrazione, il sarcasmo, lo stravolgimento delle definizioni e dei nomi, la ridicolizzazione di persone o fatti o lo sminuirli fino a renderli qualcosa d’altro, qualcosa di irrilevante rispetto all’agenda setting proposta dal “potere”. Per mettere qualche puntino sulle “i” si rimanda a questo BLOG dove alcune parole-chiave sono spiegate nel loro significato segregante e discriminante e al contempo sono messe in contrapposizione con alcune valide alternative, quasi dei sinonimi ma depurati da ogni valenza discriminatoria o fuorviante.