Era inevitabile che il tergiversare della politica paludata di un prodotto di puro marketing elettorale come Macron si dovesse infrangere nel disincanto di una popolazione depauperata. I francesi hanno un senso dello Stato e della cosa pubblica piuttosto consolidato e allo stesso tempo un’aspettativa verso il sistema di welfare e in generale di redistribuzione delle ricchezze e del benessere altrettanto elevata e che non va disattesa: nel momento in cui dal basso vengono lanciati diversi e ripetuti segnali di malcontento per una pessima redistribuzione, al contempo anche segnali di un’avversione verso forme di precarizzazione crescenti nel lavoro e nelle modalità di erogazione dei servizi del welfare, il potere d’oltralpe non può dormire sonni tranquilli…soprattutto se deliberatamente questi vengono ignorati, o al più ammansiti a parole.

antisommossa francesi
Parigi è il luogo simbolo della lotta, delle ”avenue” spianate dagli urbanisti e dal barone Haussmann proprio per evitare le barricate e le difficoltà di movimento dei militari e poliziotti memori dei tumulti della Comune: l’assalto ai luoghi simbolo del consumismo rapace, l’irruzione nei negozi di lusso pieni di oggetti che placano le manie narcisistiche di ostentazione dei ricchi sempre più ricchi, l’assalto alle vetrine delle banche, simbolo di un’attività poco defatigante come quella del fare soldi con i soldi (degli altri), rappresentano tutte azioni prevedibili e comprensibili: le concentrazioni di ricchezze da una parte, i regali reiterati alle imprese e alle banche e le spese inutili e il taglio del welfare, dall’altra spiegano infatti tutta questa rabbia. Si tratta ormai quasi di una guerra o guerriglia ”a bassa intensità” in cui purtroppo ci sono delle vittime spesso innocenti in quanto non implicate negli scontri. La stessa rabbia che descriveva Victor Hugo nei suoi romanzi e che albergava nell’animo degli ultimi, spesso vittime di etichettamento. Parigi è, infatti, non solo la ”ville lumière” per turisti ma anche la città dei quartieri-ghetto, dove la pelle scura e la religione mussulmana rappresentano un lasciapassare senza uscita dai percorsi lavorativi più umili e degradanti. Noi italiani, ultimi in Europa nel portare avanti questi processi di

ghettizzazione, se si esclude la storica segregazione nei vari ”campeggi” di Rom, Sinti e Camminanti, confondemmo le insurrezioni del 2005 come lotte di immigrati, tra immigrati. Oggi, invece, la ghettizzazione colpisce, oltre ai discendenti di seconda o terza generazione degli immigrati magrebini, vietnamiti o dell’Africa nera, intere fasce sociali. Queste, non essendo abituate all’arte dell’arrangiarsi, una modalità di assuefazione alla povertà più tipicamente italica, scendono in piazza, senza bandiere: sono donne, anziani e giovani gli uni accanto agli altri, per un ennesimo assalto alla panetteria.
Per rimanere aggiornati sugli eventi, sulle riflessioni in merito a questo movimento sociale in chiave antagonista e sicuramente NO-mainstream, questo è il link del RESEAU MUTU