La neo-valutazione

L’ideologia della valutazione oggettiva (ANVUR-INVALSI), della ricerca o degli apprendimenti, o come la chiama il sociologo Davide Borrelli la ”neo-valutazione” propone un modello autoritario, asservito all’ideologia neo-liberista che distribuisce premi (soldi) e punizioni (meno soldi) a seconda che ci si adegui o meno al modello produttivistico di stampo aziendale

Davide Borrelli, sociologo dei processi culturali all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli IN QUESTA INTERVISTA SU RADIO ONDA D’URTO ci offre un quadro sconfortante del sistema universitario e della ricerca assediata da quella che lui definisce una ”neo-valutazione”. Si tratta di un armamentario di derivazione economicistica che vuole incasellare ricerca, formazione e istruzione in un quadro standardizzato di controllo e potere finalizzato ad una competitività di stampo neo-liberista, funzionale ad una logica di mercato del sapere e della ricerca che di certo non punta al benessere di una popolazione ma persegue una ferrea logica di profitto. Contro questo approccio culturale che vede pochi protestare ma molti sgomitare per farlo proprio e svolgere un ruolo attivo, si sta preparando un appello con almeno 100 firmatari del mondo accademico che a giugno si faranno sentire in occasione della ricorrenza dei 20 anni del cosiddetto processo di Bologna. Dopo trent’anni di politiche neo-liberiste iniziate con le prime spallate al sistema egualitario, inclusivo e motore di mobilità sociale dei sistemi formativi ai suoi vari livelli, gli effetti della cosiddetta autonomia sono ormai evidenti. I tassi di abbandono permangono più elevati rispetto alla media europea, i costi dell’istruzione sono aumentati e la competitività tra atenei, centri di ricerca e tra istituti di scuole secondarie hanno portato ad una logica di mercato dell’istruzione e ad una mercificazione dei saperi ormai asserviti alle tendenze dei cicli produttivi delle aziende. Le parole d’ordine erano all’epoca, come oggi, ”autonomia”, ”meritocrazia”, ”efficacia ed efficienza della formazione”, ”valutazione della qualità della ricerca”, a prima vista termini neutri o inoffensivi o addirittura condivisibili sul piano teorico. Accanto a questi termini, però, si è assistito negli anni ad crescente bombardamento mediatico teso a delegittimare sia il sistema accademico in toto sia il mondo della scuola dipinto come ricettacolo di insegnanti ”fannulloni” con ben 3 mesi di ferie all’anno. Sul piano accademico si è voluto poi inserire un sistema di valutazione solo apparentemente oggettivo che non teneva in debito conto né dell’ambito specifico di ricerca né della aree territoriali in cui queste si svolgevano e quindi anche delle condizioni di partenza: è così che regioni ricche d’Italia, o aree privilegiate sotto diversi punti di vista, svettano nelle sempre più frequenti classifiche ad uso e consumo dei giornali economici. In una logica di marketing e comunicazione si innescano così dei meccanismi perversi che si auto-alimentano aumentando i divari in una situazione dove andrebbe a beneficio di tutti crescere qualitativamente e quatitativamente in ogni parte d’Italia. Si è finito per redistribuire le già esigue risorse per scuola, università e ricerca, le più risicate d’Europa, ai cosiddetti centri eccellenza, ”meritevoli” quindi di un surplus di fondi. La distinzione doverosa tra ricerca pura ed applicata, tra ricerca sperimentale sul campo o documentaria, in campo umanistico o scientifico non si è mai voluta farla fino in fondo, in modo da dare ad ognuna una propria dignità ed riconoscimento di utilità sociale. Il totem del ”merito” che peraltro non dà a chi non ha ma a chi già ha per citare un vecchio slogan di impronta sociologica e accanto ad esso quello dell”’oggettività” della valutazione considerata alla stregua di una scienza empirico-sperimentale si è imposto a tutti i livelli, determinando di conseguenza premi e punizioni, scuole di ”eccellenza” e centri di ricerca di ”qualità” cui si contrappongono centri di inefficienza, sperpero di risorse e a volte fonti di corruzione. Tutti entrano in competizione con tutti per accaparrarsi fette di una torta sempre più piccola, alla faccia della serendipity e della creatività nella ricerca che imporrebbe al contrario una intensa circolazione di idee, ispirata al concetto di dono, oltre che alla collaborazione e solidarietà, proprio in tempi di ristrettezze economiche ormai cronicizzatesi.

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