Molti insegnanti dal giorno successivo al lockdown, hanno iniziato in modo informale ed autonomo a mantenere il contatto con gli studenti, in un momento difficile ma non con l’attuale smania di riprodurre una situazione di relazione formativa ma a distanza come su nulla fosse, come se ”fuori” ci fosse semplicemente un problema di sanità risolvibile con un po’ clausura domestica. Dopo le prime comunicazioni ”amichevoli” e comprensive, visto il momento storico e tragico, al MIUR si è quindi fatto avanti con tutto il suo cinismo, l’autoritarismo burocratizzante che da sempre caratterizza l”’apparato scuola” ma che oggi emerge con molta più virulenza. Quando molte famiglie devono convivere con tragedie e lutti familiari, o di amici e colleghi, quando anche solo il suono ripetitivo delle sirene entra dentro le case aumentando l’angoscia e il senso di impotenza, anche solamente pensare a quali possano essere i metodi di valutazione più adatti per gli studenti in questa situazione, oppure il porsi la domanda se e come le ”presenze” debbano essere o meno segnate sul registro elettronico come alcune fake news proponevano sui giornali, rappresentano un’aberrazione cinica e per certi versi offensiva dell’idea stessa del ruolo dell’insegnante.
Fatta questa premessa di scenario, il nocciolo della questione sta nel non aver fatto praticamente nulla, a parte l’elemosina della cosiddetta ”solidarietà digitale”. All’atto pratico, infatti, strumenti e consulenze per il buon uso della teledidattica si sono ben presto esauriti nella loro componente di base come PC e collegamenti internet. Ecco solo alcuni degli esempi di conduzione di una lezione in teledidatica: ” (…) prof non la sento!”, ”prof mi è caduta la linea, però ora la sento ma non la vedo!” , ”prof il mio cellulare è andato in tilt e ho perso la password per entrare nella piattaforma”, ”prof non si preoccupi se ogni tanto scompaio! … è che di là in soggiorno c’è mio fratello in VDC e mia madre in telelavoro e cade la linea”… si potrebbe continuare così all’infinito ma penso che ogni insegnante abbia toccato con mano cosa abbia rappresentato per i cittadini la scelta di aver privilegiato le onde elettromagnetiche dei telefonini, mai abbastanza studiate nei loro effetti sulla salute, rispetto alle più ecologiche fibre ottiche. Si è pensato che il possesso del cellulare fosse sinonimo di ”generazione digitale” mentre nessuno si è mai chiesto come mai i ragazzi confondessero il ”dio” Google con l’indirizzo web o IP, o non sappiano cosa sia un browser. Si è pretesa dai ragazzi, in tutti questi anni, un’elevata competenza digitale dimenticando quante famiglie non possiedano nemmeno un PC in casa propria e quante siano le necessità di base per una connessione minimamente veloce.
Così come Google, per molti ragazzi rappresenta l’interfaccia di internet e non un motore di ricerca come altri, per una disarmante inconsapevolezza e leggerezza del MIUR su come poi si sarebbe attuata la teledidattica, tutte le scuole e le università sono andate per ordine sparso. Ci si è affidati a piattaforme di multinazionali come Google, Microsoft, ecc., che offrendole apparentemente in modo gratuito si sono così prepotentemente accreditate presso le famiglie, le scuole, gli studenti, come gli unici mezzi a disposizione, quelli più logici e naturali. Non ci si è chiesti perché sono offerti gratuitamente alla pari di Facebook, Whatsapp, Instagram, ecc. ma soprattutto non ci si è chiesti come mai il MIUR non abbia fatto ricorso da subito ed inserendolo ufficialmente nei decreti del Governo, alla sua società partecipata CINECA che si occupa proprio della digitalizzazione del sistema educativo e della ricerca nel suo complesso. Oltre tutto il CINECA si presenta come consulente, per scuole, università, istituti pubblici e privati, per l’implementazione e personalizzazione proprio di una delle piattaforme per l’e-learning più conosciute al mondo, Moodle, un prodotto, udite, udite, open source ! Open source non rappresenta solo una gratuità del prodotto ma anche un progetto mondiale di condivisione di buone pratiche, di circolazione di idee e soluzioni innovative a beneficio della comunità.
Ma non è tutto: il CINECA, società partecipata dal pubblico e controllata dal MIUR opera sul mercato con competitor privati alimentando alle volte anche polemiche e conflittualità, come avvenuto non molto tempo fa, rispetto ad accuse di aiuti di Stato (1). Il Cineca avrebbe potuto, in queste circostanze drammatiche, mettere a disposizione da subito oltre che i propri server, anche tutto il suo know-how in materia, spesso venduto a caro prezzo proprio ad università telematiche private o inserito in roboanti progetti di digitalizzazione universitaria con la consueta enfasi sulle virtù demiurgiche di queste tecnologie anche in campo formativo (2).
Oltre alla piattaforma che consente percorsi formativi di vario genere ed ambienti formativi ”virtuali” ci si sarebbe potuti accontentare anche solamente della messa a disposizione delle infrastrutture telematiche di un altro organismo pubblico, il GARR in collaborazione appunto col CINECA, per poter fare video-conferenze di qualità, sempre in open source come BigBlueButton che però richiedono server dedicati e dorsali efficienti di cui il singolo liceo, o la singola famiglia potrebbero beneficiare.
Ad oggi di tutta la ”potenza d’urto” di contenuti, infrastrutture e know-how di cui potrebbero usufruire il liceo di ”eccellenza” come l’istituto tecnico di periferia ancora non si è visto nulla all’atto pratico. Molti annunci, molte promesse ma al momento i licei vanno ancora in ordine sparso affidandosi agli ”amici” Bill Gates (Teams), Larry Page (Google Classroom) e Eric Youan (Zoom).