Il pericolo che si intravede è quello di una possibile standardizzazione anche dei contenuti oltre che di una pervasività del controllo anche su questo residuo di libertà d’insegnamento. Pur potendo implementare piattaforme open-source, gratuite come Moodle, peraltro abitualmente sviluppate per le università telematiche private dal CINECA, organismo pubblico di università consorziate e coordinate dal Ministero dell’Università, nulla è stato fatto in questa direzione spalancando le braccia a queste multinazionali che da tempo si stavano già sfregando le mani di fronte al sicuro bottino. Tali piattaforme, usate per la didattica, i consigli di classe e addirittura per gli scrutini, sono entrate in tutte le case, apparentemente senza costi così come fece Facebook o Whatsapp: del resto anche il registro elettronico, entrato in sordina nelle scuole sul piano facoltativo oggi è parte integrante del sistema di controllo centralizzato peraltro completamente fuori controllo dal momento che il capitolo ”privacy” non è mai stato affrontato a fronte di un giro di affari di milioni di euro a vantaggio di poche società private, in situazione di quasi monopolio.
Con Borrelli abbiamo riflettuto anche sul paradosso di una valutazione standardizzata nella ricerca che mortifica il grande valore aggiunto della ”serendipity” e anche nella didattica e negli apprendimenti dove la contraddizione è ancora più macroscopica: non è possibile uniformarsi a standard mondiali come quelli dell’OCSE-PISA quando il dare valore e riconoscimento anche dei progressi di un allievo non può che essere demandato al ruolo del docente. Se il docente si percepisce più come impiegato che come educatore – è stato sottolineato – allora questa standardizzazione può far comodo sia sul piano della deresponsabilizzazione educativa sia rispetto al ”carico” di lavoro legato alla necessaria personalizzazione dei percorsi di apprendimento e dunque di valutazione. (SEGUE A PAG.5)