Accanto a questa burocratizzazione della funzione docente si innesta un aspetto psicanalitico ben analizzato da Bénédicte Vidaillet nel saggio apparso sull’ultimo numero monografico curato da Borrelli di ”Cartografie sociali” rivista di sociologia dell’ateneo partenopeo: il desiderio di riconoscimento sociale e di attenzione porta il docente a piegarsi con solerzia a questi standard portando così ad un desiderio incondizionato essere valutati.
In una precedente intervista, invece, Roberto Ricci, responsabile nazionale delle prove INVALSI per la didattica, si è appellato proprio all’alto tasso di partecipazione dei docenti alle prove che nelle fasi sperimentali iniziali e a partecipazione facoltativa, arrivava al 96% traducendo questo dato in fiducia in questo sistema di valutazione e ovviamente non ad une eventuale conformismo. Proseguendo nel parallelismo tra sistema educativo e della ricerca si è parlato anche di ”scienza aperta” e qui i punti di contatto in direzione di una standardizzazione che premia una logica ”dell’eccellenza” che è funzionale ad un modello neo-libersita sia della ricerca che appunto delle competenze che non a caso hanno sostituito il concetto di conoscenze, troppo poco collegabili alle esigenze dell’economia. Ritornano alla memoria le famigerate tre ”i”, ovvero informatica, inglese e imprenditorialità verso le quali il sistema statale dell’educazione, piegato alle necessità del sistema produttivo, marcia compatto sfruttando ogni occasione, anche quella più tragica ed emergenziale come il Covid19.