Non è ammissibile affermare la presunta ”sorpresa” dell’aggressione russa in Ucraina, nemmeno se questa si limita a sottolinearne l’inequivocabile ferocia. Non è ammissibile, soprattutto in tempi di apparati di informazione, sicurezza e controllo, da ambo le parti, in grado di prevenire e analizzare anche solo il pensiero che una persona si accinge ad esprimere! Soprattuto non è ammissibile se la strada della guerra era già stata preordinata con forniture di armi offensive all’Ucraina ben prima del fatidico 24 febbraio 2022, secondo le indiscrezioni del Washingtonpost e del New York Times. La cosiddetta caduta del muro nell’89, causata, sul piano economico, anche da un’implosione del sistema sovietico trascinato in un’escalation militare spaziale per esso non più sostenbile, poteva essere un’occasione per pianificare a tavolino un nuovo ordine mondiale che finalmente archiviasse la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. La globalizzazione dei mercati, in chiave liberista, ha portato ad un’economia delle multinazionali che dettano legge, pagano tasse irrisorie e determinano gli assetti geopolitici in un sottofondo di inasprimento generalizzato delle disuguaglianze sociali gestito in modo autoritario da una parte e repressivo poliziesco dall’altra. Sempre quel sistema, propagandato come garante della pace perchè legava a doppio filo democrazie e dittature, dittature tra loro e democrazie con democrazie, si è rivelato esso stesso uno strumento potenziale di guerra attraverso le sanzioni e tutta le retorica dell”economia di guerra”. D’altra parte, la limitazione del sistema SWIFT, o gli oscuramenti dei social network, rappresentano sanzioni e rappresaglie belliche nella misura in cui non sono aggirabili a causa di un sostanziale monopolio di un’economia ai danni dell’altra. Siamo quindi alle prove generali, allo stress-test del doppio canale, economico e militare, dei nuovi conflitti con il sottofondo di guerra digitale in cui agiscono altri ”militari” laici, gli hacker, influencer, i produttori di fake-news in entrambi i fronti. Non destano nemmeno più indignazione la nonna ucraina col nipotino intenta a preparare le molotov mentre il papaà è al fronte per difendere la nostra e la loro libertà o la bambina col lecca-lecca in bocca e in braccio il fucile: lottano ”semplicemente” per la nostra libertà! E il presidente Ucraino che incita alla ressitenza ad oltranza non è un politico irresponsabile corresponsabile di un massacro premeditato dei propri elettori ma è un eroe. Siamo al bene contro il male, la follia contro la razionalità, le bombe intelligenti contro quelle infami, ecc. ecc. Assistiamo ad un tripudio di nazionalismo ”buono” e una messa alla berlina di un nazionalismo ”peloso” perchè manipolato dagli oligarchi vicini Putin ognuno titolare di uno o più yacht ora sotto sequestro in qualche porto occidentale. Non vi è dubbio che Putin, burocrate carrierista cresciuto negli apparati più foschi dell’ex URSS, rappresenti il prototipo del cinismo politico arrivista e violento; tuttavia, se lo stereotipo dell'”uomo solo al comando”, un po’ folle e staccato dalla realtà, (salvo poi proporre il modello scaltro della strategia del “fingersi pazzo” come fece a suo tempo Nixon!), per chi studia approfonditamente la storia, non funzionava ai tempi di Hitler, a maggior ragione non può reggere oggi. Cade, infatti, anche il mito del libero scambio globale garante della pace perchè, appunto, scopriamo che c’è sempre un soggetto leader mondiale che tiene in mano una delle varie leve del potere: può essere il sistema GPS, lo SWIFT, internet, ecc.. Il crollo dell’impero sovietico, purtroppo, è stato interpretato come una vittoria dell’occidente sulla tirannia. Questo modello, bianco-ariano, cristiano, democratico e libertario è fondamentalmente superiore a tutti gli altri o comunque superiore a chi, in quel momento, non è più funzionale ai nostri interessi economici o strategici: insomma, una fucilazione come sanzione penale in Cina desta meno repulsione di un’analoga pena comminata in Iran. Il fondamentalismo capitalistico ed estrattivo in cui le persone sono individvidui che competono sul “mercato” del lavoro con il loro merito e le loro competenze e che esistono in quanto consumatori con un certo potere d’acquisto, sul quale si regge l’economia di un PIL “condannato” a crescere perpetuamente, si chiama DEMOCRAZIA LIBERALE. Gli altri fondamentalismi non hanno sinonimi, sono fondamentalismi e basta. Poco importa se quel modello produce ricchi sempre più ricchi in leggero aumento e poveri che restano poveri e altri che lo diventano come da anni avverte OXFAM: questi straricchi, poi, in un modo o nell’altro collegati a società finanziarie che comprano e vendono società o derrate alimentari, combustibili o immobili, affamano o depauperano risorse ambientali o i redditi dei lavoratori e alla fine si scagliano uno contro l’altro, insomma giocano alla guerra alle spalle di noi civili. Sarebbe inutile poi dilungarsi sulle variabili che classificherebbero come democrazie effettivamente compiute, pacifiche fino a prova contraria come quella degli USA, dei paesi europei o quelle dell’ex-blocco sovietico ora nell’UE oppure come autocratiche quelle della Russia, Cina o Egitto, ecc. ecc. ma ciò che è fuori di dubbio è che noi ”occidentali” pensiamo fermamente di essere, tutto sommato, dalla parte ”giusta”. Partendo da questo presupposto, quella forma di guerra ibrida condotta dagli USA nei confronti paesi dell’ex blocco sovietico, fatta di invasione di modelli di consumo consumistici, penetrazione dei social network e fitti rapporti e triangolazioni commerciali e geostrategiche con regimi di dubbia democrazia come i paesi baltici, Romania, Bulgaria, Polonia, Ungheria, ecc., viene invece interpretata come richiesta legittima di libertà, di liberismo economico e di legittima aspirazione di ognuno all’autoimprenditorialità. Sotto questa luce, l’espansione della NATO a est è stata di conseguenza un processo benefico e “generoso” richiesto a gran voce da cittadini finalmente liberi, tanto che si era creata la fila per entrarvi! così come si era creata la fila anche per entrare in europa. Insomma si fa di tutto per incentivare le contrapposizioni, per inasprirle, per creare modelli ”vincenti” e libertari che si contrappongono a modelli nefasti e dittatoriali, salvo poi strungere affari e magari vendere armi: soldi che puzzano a seconda delle convenienze oppure che puzzano dopo aver emanato profumo fino a qualche giorno prima! Qualche anno fa, addirittura colui che oggi viene presentato come un individuo affetto da disturbi cognitivi post-covid, traumi esistenziali risalenti ad un’infanzia infelice, anaffettività e delirante distacco dalla realtà, voleva pure lui entrare nella NATO! Ma la distinzione tra buoni e cattivi, tra meritevoli di possedere l’arma nucleare e chi no, tra democrazie e oligarchie, porterebbe il discorso troppo in là. Roger Waters, bassista dei Pink Floyd riassume bene, in questa risposta ad una sua fan, la posizione di chi non si schiera né dall’una né dall’altra della barricata. Ma questa barricata lungi dall’essere poco combattiva, come sottintendeva Lenin, o peggio qualunquista, si può spingere oltre quel pacifismo che spesso viene tacciato, appunto, di pensiero da salotto o pantofolaio e suggerire anche soluzioni drastiche che in questo momento forse sono più coraggiose che imbracciare un’arma, sicuramente sono più ”trasgressive”: la diserzione in ambo gli schieramenti e l’opposizione non-violenta allo strumento della guerra tanto in Ucraina quanto in Russia illustrata bene in questo appello della rete War Resisters International. In quest’altro articolo di Meltingpot, scritto dopo qualche anno dall’inizio del conflitto silente di Donbass, si spiegano in maniera dettagliata le basi giuridiche del diritto d’asilo della figura del disertore, in questo caso ucraino. Nella misura in cui, come più volte sottolineava Gino Strada, i conflitti non vedono buoni e cattivi su fronti opposti entrambi intenti a limitare più o meno efficacemente gli effetti collaterali delle bombe a grappolo o di quelle intelligenti o ancora degli infallibili droni ma vedono invece una preponderanza di vittime civili (contrariamente ai conflitti precedenti alla prima e seconda guerra mondiale) la diserzione è l’unica strada percorribile. Meglio ancora se alla fonte gli eserciti fossero convertiti in forze di protezione civile armata ma solo contro le calamità naturali o sanitarie e le industrie belliche fossero obbligate a riconvertirsi in imprese impegnate nel new green deal : come molti manifestanti dei movimenti ecologisti affermano, ad esempio quelli scesi in piazza in Francia in occasione delle elezioni presidenziali dove il tema ambientale sembra sorprendentemente sparito, in varie parti del mondo si litiga, si gioca a menare le mani, mentre la nave affonda!