In solidarietà con Alfredo Cospito

Una persona in regime detentivo ”duro” (41bis) e condannato all’ergastolo ostativo (fine pena mai) si sta lasciando morire, rinunciando all’alimentazione, per protesta contro due misure restrittive di per sé aberranti per uno Stato democratico e ”di diritto” ma che nel suo caso giuridico specifico hanno anche fondamenta molto deboli oltre che inutili. Si confondono le analisi storiche che spiegano questo regime detentivo nato circa 40anni fa e oggi ingiustificabile: d’altra parte andando nel dettaglio delle misure al suo interno, molte di queste si potrebbero definire, a buon titolo, come torture fine a sé stesse. Anche l’ergastolo ostativo, peraltro in contraddizione con lo spirito educativo o rieducativo della pena sancito dalla Costituzione, altro non è che una pena di morte differita, una vendetta. Siamo molto lontani da quello spirito liberaldemocratico e molto più vicini ad una funzione di vendetta e di sofferenza consequenziale ad un’azione deviante. In barba a tutte le statistiche che dimostrano che il tasso di recidiva di chi usufruisce di pene alternative a quelle detentive è molto più basso dei percorsi ”afflittivi”: si preferisce il polso duro per acquietare le paure, peraltro create ad arte dai mass-media e da politici reazionari, di una popolazione in cerca di capri espiatori facili essendo più difficile individuare il soggetto che li impoverisce giorno dopo giorno.

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