4 novembre? No grazie!

In Parlamento procede l’iter che potrebbe portare all’istituzione del 4 Novembre come festa nazionale. 

Una simile celebrazione rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto al processo di normalizzazione della guerra e di marginalizzazione della cultura della pace che quotidianamente osserviamo nel mondo educativo e nella società. (CONTINUA A PAG.2)

Si avvicina la commemorazione del 4 novembre in chiave oltremodo nazionalistica, patriottica e ”vittoriosa” ma non c’è nulla da festeggiare: al contrario andrebbe messo il lutto al braccio! Con l’occasione, qui di seguito, si riporta il testo integrale pubblicato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuola e delle università a proposito appunto del 4 novembre, con le cifre di massacro inutile e un’analisi critica di come si vorrebbe imporre una militarizzazione della società a partire dalla scuola:

In solidarietà con Alfredo Cospito

Una persona in regime detentivo ”duro” (41bis) e condannato all’ergastolo ostativo (fine pena mai) si sta lasciando morire, rinunciando all’alimentazione, per protesta contro due misure restrittive di per sé aberranti per uno Stato democratico e ”di diritto” ma che nel suo caso giuridico specifico hanno anche fondamenta molto deboli oltre che inutili. Si confondono le analisi storiche che spiegano questo regime detentivo nato circa 40anni fa e oggi ingiustificabile: d’altra parte andando nel dettaglio delle misure al suo interno, molte di queste si potrebbero definire, a buon titolo, come torture fine a sé stesse. Anche l’ergastolo ostativo, peraltro in contraddizione con lo spirito educativo o rieducativo della pena sancito dalla Costituzione, altro non è che una pena di morte differita, una vendetta. Siamo molto lontani da quello spirito liberaldemocratico e molto più vicini ad una funzione di vendetta e di sofferenza consequenziale ad un’azione deviante. In barba a tutte le statistiche che dimostrano che il tasso di recidiva di chi usufruisce di pene alternative a quelle detentive è molto più basso dei percorsi ”afflittivi”: si preferisce il polso duro per acquietare le paure, peraltro create ad arte dai mass-media e da politici reazionari, di una popolazione in cerca di capri espiatori facili essendo più difficile individuare il soggetto che li impoverisce giorno dopo giorno.

La scuola italiana va alla guerra

(intervista per Radio Onda d’Urto – 24dic.2022) Libro e moschetto, non è uno slogan d’altri tempi ma tragicamente attuale. Dal colloquio con Antonio Mazzeo, insegnante e soprattutto punto di riferimento fondamentale per tenere d’occhio le derive militariste dell’apparato industriale bellico italiano di questi ultimi 10 anni, emerge un quadro allarmante rispetto alle infiltrazioni nel mondo educativo

Il Ministero della d-istruzione

Da Radio Onda d’Urto – puntata di Scuola resistente (3dic.2022)
“Saranno non più del 20% sul totale dei fondi del PNRR destinati alla scuola per colmare una delle carenze fondamentali della scuola statale italiana che oggi ne fanno uno dei motori di mobilità sociale al contrario, quelli che effettivamente andranno in quella direzione: quindi poca lotta alla dispersione, poco sostegno alle fasce più deboli, sportelli psicologici permanenti sul modello di quelli delle scuole spagnole neanche a parlarne, ecc. ecc. Mario Sanguinetti, dell’esecutivo nazionale dei COBAS della scuola, ci racconta solo alcune di queste tessere oscure di un mosaico desolante sul quale, il ministro ultra-conservatore del governo neo-fascista Meloni, ogni giorno lancia una nuova esca alla quale, purtroppo, molti di noi abboccano. Sanguinetti si riferisce a tutti quei temi divisivi, per i quali è sacrosanto battersi su tutti i fronti affinché non si approprino culturalmente degli unici spazi di libertà d’insegnamento tutt’ora esistenti, come l’ultima ”boutade” sulle giuste umiliazioni quando occorrono, o tutte le esternazioni sul cosiddetto merito completamente travisate nel loro significato profondo.

Perdendoci dietro questi temi, a volte lessicali, a volte espressioni dell’animo ultra-liberista e padronale di una destra ignorante, dimentichiamo di osservare l’accelerazione che questo governo sta dando ad un percorso di definanziamento e di trasformazione in senso liberista iniziato decenni fa con i governi di pseudo-sinistra. Il restante 80% di cui sopra si è fatto cenno, invece, andrà a finanziare gruppi, associazioni, società che organizzano varie attività extra-scolastiche per le varie competizioni per ”cervelloni”, sempre in un’ottica di competizione e di valorizzazione di ciò che oggi va per la maggiore ovvero il merito. Per quanto riguarda tutti gli altri fondi, a parte l’annunciato ammodernamento strutturale degli edifici o la loro sostituzione, molto sarà destinato alla cosiddetta scuola digitale per futuri ”smanettoni” delle LIM, anche qui in un’ottica non di recupero di un rapporto educativo ma di una sua meccanizzazione di sussidiarietà con contenuti premasticati da altri.

Accanto a questo processo di restyling c’è un ulteriore accorpamento di istituti per ridurre i costi e una drammatica mancanza di personale ATA che si ripercuote su tutti il sistema: spesso questa componente scolastica viene messa in secondo piano mentre andrebbe valorizzata perché è anche qui che si può fare una scuola di qualità. C’è poi un aspetto molto grave sottolineato da Sanguinetti che sta nell’accelerazione che si vuole dare alla divaricazione tra insegnamento professionale-tecnico e quello più umanistico-generalista che non farà che aumentare quelle divergenze classiste che sembravano essere state colmate dopo le riforme di fine anni ’60. Insomma il merito come parola d’ordine che distende un velo opacizzante sulle differenze sociali di partenza che vede, a parità di indirizzo, le scuole di periferia incancrenite dal precariato del corpo docente e dal disagio sociale e spesso anche ”socio-sanitario” (è altissimo il tasso di DSA e disabilità varie nelle classi di periferia): si sottolinea come solo dopo aver colmato al 100% queste differenze socio-culturali di partenza si possa (forse) parlare di ”merito” o, potremmo aggiungere anche di ”naturali tendenze” al lavoro manuale dei figli degli operai, come spesso si sente dire, non al bar sotto casa ma ai vertici delle istituzioni!

In questo panorama desolante Sanguinetti avverte come, soprattutto tra le giovani generazioni di insegnanti, sembri sopravanzare un tecnicismo che nulla ha a che fare con le indicazioni forniteci in due secoli di esperienza nell’istruzione di massa dai grandi della pedagogia democratica dai vari Dewey fino all’attuale Christian Laval. Quest’ultimo, di recente in Italia ospite della ”settimana della sociologia” ha avvertito tutti gli insegnanti che è arrivato il momento di passare all’azione di fronte ad un’emergenza sociale arrivata ai massimi livelli di disuguaglianza e ingiustizia fino a sfociare in un fenomeno di autodistruzione anche delle risorse naturali: l’insegnante, l’educatore, deve recuperare il suo ruolo pienamente politico per formare generazioni di futuri cittadini votati alla lotta contro le disuguaglianze sociali e alla tutela del nostro pianeta minacciato da una cultura estrattivistica”.

La puntata di sabato 3 dicembre 2022. Ascolta o scarica

In aggiunta, l’intervista a Domenico Quintavalle, Cobas Lavoro Privato, in merito invece al sistema di appalti relativo alla logistica, raccolta durante le iniziative di lotta del 2 dicembre con lo sciopero generale del sindacalismo di base. Ascolta o scarica

Dalla ”sinistra” della ZTL, al fascio-leghismo

Ci siamo! tanto ha fatto la sinistra benpensante e radical-chic per dimenticarsi del popolo dei lavoratori, dei precari e delle partite IVA imprenditrici di sé stesse che alla fine è arrivato come da copione, esattamente 70 anni dopo, il fascio-leghismo a convogliare la voglia di rivalsa delle classi subalterne, strumentalizzate, come sempre dal Capitale e dai suoi militari di truppa. Nella società c’è incertezza per il futuro? c’è poco lavoro e quello che ci viene proposto è precario? mal pagato e squalificante? ci sono virus impazziti e l’economia è in recessione, con l’aggravante dell’inflazione concomitante…? niente paura! Per quanto riguarda il virus, semplicemente non c’è (o forse non c’è mai stato), tanto che il S.S.N. in rovina, la medicina di prossimità inesistente e gli infermieri che mancano sono solo un brutto ricordo. L’aumento della mortalità e il calo dell’età media e speranza di vita alla nascita rappresentano infatti un’opportunità di risparmio, peraltro anche per l’INPS. Per tutto il resto arriva il solito capro espiatorio ma riveduto e corretto da una propaganda sofisticata e con UNA presidente del Consiglio che la mette in scena con la mimica convincente e familiare di una partecipante professionista di ”Uomini e donne” o del ”Grande Fratello”. Il migrante che viene da noi per raccogliere sotto il sole a 40° per 3,00 (tre) euro l’ora, quei pomodori che i nostri giovani vorrebbero tanto raccogliere al loro posto perché possano arrivare sotto forma di salsa saporitissima sull’italica pizza tanto amata da noi veri patrioti, è sulla buona strada per essere finalmente lasciato libero di morire sulla sua terra. Poco importa se quella terra sta diventando inospitale a causa delle locuste, dei cambiamenti climatici, delle carestie, delle guerre o guerriglie, ecc. ecc. : l’importante è che quel 60% di quel popolo che ha votato per l’Armata Brancaleone, essendo sempre più ignorante per una scuola-agenzia per l’impiego (che non c’è) che punta alle competenze e al ”merito” ma nel frattempo cade a pezzi, sia convinto che finalmente potrà diventare più ricco proprio grazie a quei 3 euro l’ora che finalmente potranno rimanere nelle tasche del popolo italico, discendente diretto di quel popolo che un tempo dominava mezza Europa e tutto il Mediterraneo. Se un giorno, però, si accorgerà che le strategie per una vera redistribuzione del reddito attraverso strumenti fiscali efficaci con i forti e morbidi con i deboli e gli ultimi non verrà perseguita sarà più difficile reagire nelle piazze a meno che non si tratti di gruppi di non più di 49 persone! d’altra parte, l’apparato repressivo che fino a ieri lamentava la penuria di carburante per rincorrere il grande crimine organizzato così come la carenza di personale, oggi è fiducioso, perché quell’Armata Brancaleone che da sempre è stata al suo fianco, oggi governa e il suo approccio ”muscolare” verso i deboli, i non-conformi, il dissenso politico conflittuale, sarà in linea con le loro richieste attuali e future. L’Italia, con circa 467 agenti di PS e PG ogni 10mila abitanti viene subito dopo la Russia e la Turchia, quindi in quanto a sicurezza potrebbe stare tranquilla ma il popolo non ne è mai sazia e sempre di più ne avrà ma sotto forma di repressione del dissenso anche perché i reati, quelli che minano la sicurezza nazionale, sono da anni in netta diminuzione: eppure, in concomitanza con le angherie contro il capro-espiatorio per antonomasia, il ”migrante irregolare”, in particolare quello ”economico”, il sentimento di rivalsa e di rabbia popolare è stato narcotizzato da un altro provvedimento essenziale ed urgente, come quello che concerne l’ergastolo ostativo. Si costruiranno finalmente più carceri per risolvere l’annoso problema del sovraffollamento di queste dimore di lusso per sfaccendati. Per aumentare il senso di fiducia nel futuro, la sicurezza, per garantire le sane abitudini e tutelare i ”veri” valori occidentali, bianchi e cristiani del patriottico popolo italico, ci si scaglia e ci si scaglierà anche contro quelle stravaganti unioni tra membri dello stesso sesso che pretenderebbero di offrire affetto non solo tra di loro ma addirittura ad un figlio adottivo in nome dell’amore: un paese che è il più vecchio d’Europa e col tasso di natalità più basso e che deve iniziare prima o poi a riprodursi come conigli, non può permettersi queste ”schifezze”! Dio, patria e famiglia, saranno finalmente la nostra bussola per raggiungere tutti insieme ma ognuno per la propria strada, la propria bella e calda… caverna full-optional, clava compresa, nel caso in cui la moglie una sera dovesse rincasare più tardi del consentito.

Continua l’apartheid (violenta) dello Stato ebraico contro il popolo palestinese

Apartheid è un concetto che fa subito partire l’immaginazione verso il Sudafrica, Nelson Mandela, ecc. ma a pochi viene spontaneo associarlo invece a ciò che ha subito il popolo palestinese, a partire dallo stesso anno ma che a differenza dei fratelli sudafricani, non si è fermato ai primi anni ’90. Ancora oggi continuano gli sfratti dalle case legittimamente possedute dai palestinesi ma questa volta a Gerusalemme che rappresenta un ”laboratorio” di violenze, soprusi, muri divisori. Ad Israele non bastava avere dei territori occupati militarmente e urbanisticamente dai loro coloni che a macchia di leopardo hanno reso impossibile ai palestinesi spostarsi agevolmente anche di pochi chilometri tra una località e l’altra. Coperti dal silenzio della comunità internazionale e quindi agevolati dal clima politico generale, Israele accelera verso la ”soluzione finale’: ed è cosi che decine di famiglie, come avvenne nel lontano ’48 vengono sfrattate per fare posto a fanatici ebrei ortodossi una porzione di popolo israeliano che tiene in pugno il governo quale ago della bilancia: la storia si ripete invariata da oltre ’70 anni anche a causa dell’ossessione demografica dello stato ebraico. Al movimento sionista non bastava raccogliere ebrei un po’ da tutto il mondo per colonizzare la terra promessa, occorreva e occorre ancora oggi arrestare con ogni mezzo la progressione demografica della popolazione araba tradizionalmente più prolifica di quella israeliana: il problema è sia interno, ovvero legato ai palestinesi di passaporto e cittadinanza israeliana, sia esterno cioè i profughi/reclusi di Gaza e Cis-Giordania. In totale disprezzo di qualsiasi raccomandazione dell’ONU, giunte oramai ad accumularsi inutilmente a decine sui tavoli diplomatici, gli israeliani cacciano i legittimi proprietari di case e terreni divenuti trofei di guerra per giovani e arroganti ebrei, il più delle volte ortodossi ultraconservatori, col mitra sempre al collo. Queste pratiche, acceleratesi in questo ultimo periodo, hanno come effetto collaterale scontri violenti in cui a pagarne il prezzo più caro sono sempre in palestinesi, con una proporzione spesso di 1 a 10 ma mai abbastanza sottolineata da quasi tutti i mass media. Intanto all’orizzonte si profila la commemorazione della Nakba mentre politicamente si infiamma il dibattito politico tutto interno ai palestinesi alle prese con le imminenti elezioni.

Le opere inutili: non è andata ”tutto bene”

Pubblico una mail (a pag.3) di Nicoletta Dosio, insegnante, ora pensionata ma più che mai impegnata nella lotta ai soprusi all’ambiente perpetrati da un’economia capitalistica ”estrattiva”. Nel caso del TAV siamo in presenza di un’economia addirittura ”perforante” che infligge buchi, scorie di amianto lasciate qui e là e devastazioni ai piedi delle montagne in Val di Susa che i recenti fatti pandemici, le evidenze scientifiche dello ”spillover” e i cambiamenti climatici dovrebbero indurre a preservarla come patrimonio ambientale sacro. Non è andata ”tutto bene” come vorrebbe far credere la retorica di un regime che ha affrontato la pandemia nel modo peggiore tra tutti i paesi del mondo, col tasso di letalità tra i più elevati, con un numero di operatori sanitari deceduti che urla giustizia, con intere generazioni di anziani che in alcuni distretti sono letteralmente scomparse e con esse la loro memoria storica. Il capitolo RSA rappresenterà la vicenda giudiziaria che arricchirà le cronache giudiziarie nei prossimi vent’anni così come lo sono state quelle riguardanti le morti per amianto. (SEGUE A PAG.2)

Gilets jaunes e scioperi

Finalmente coloro che avevano ancora qualche dubbio sull’impostazione ”politica” dei gilets jaunes, visti da alcuni come dei cani sciolti senza un’idea dietro e soprattutto ”rei” di non essersi dati un leader, secondo l’ABC del perfetto populista, dopo il loro confluire, disordinato, chiassoso, nel movimento altrettanto variegato degli scioperi anti-privatizzazione del welfare francese, dovranno ricredersi. L’idea politica c’è: basta privatizzazioni, meno tasse e più welfare, ritorno al concetto dei ”beni comuni”, redistribuzione equa delle ricchezze che in qualche modo riassume in sé le prime due. D’altro canto il rapporto Oxfam sulla povertà, pubblicato non a caso sempre in concomitanza con il vertice dei ”ricchi” a Davos, da anni afferma che i motivi per protestare sono del tutto plausibili e razionalmente spiegabili. Già l’anno scorso, l’incipit del report affermava che ”nel corso dell’ultimo anno il numero dei miliardari è aumentato come mai prima: uno in più ogni due giorni. La ricchezza dei miliardari si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell’arco di 12 mesi, un incremento che, a titolo comparativo, rappresenta 7 volte l’ammontare delle risorse necessario per far uscire dallo stato di povertà estrema 789 milioni di persone, Di tutta la ricchezza creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% della popolazione, mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento.
Il lavoro pericoloso e scarsamente pagato della maggioranza della popolazione mondiale alimenta l’estrema ricchezza di pochi. Le condizioni di lavoro peggiori spettano alle donne, e quasi tutti i super ricchi sono uomini. I governi devono creare una società più equa attribuendo priorità ai lavoratori comuni e ai piccoli produttori agricoli anziché ai ricchi e potenti”. 

Quando milioni di lavoratori che hanno come unica ricchezza il lavoro che copre le spese vive e pochi altri svaghi e forse una casa dove vivere, si sposta dalle periferie urbane ingrossate dalla gentrificazione arrembante per recarsi al lavoro, magari in macchina perché in nome dell’alta velocità il servizio pubblico è abbandonato a sé stesso, anche un centesimo di tassa in più sul costo della benzina, o come in Cile, sul ticket del bus (privatizzato come in Argentina), rende molto ”nervosi”. Anche perché la loro sofferenza giornaliera, a fronte di un salario da anni in caduta libera in ogni angolo del mondo, si scontra proprio con il lusso di quegli stessi centri urbani dove abitavano un tempo i loro nonni o bisnonni: mangia e bevi – B&B – souvenir – mangia e bevi – B&B – souvenir, questa è la sequenza che caratterizza i luna-park di lusso per turisti di tutte le tasche, dal pittoresco borgo della Toscana, alla città eterna, alla Milano da bere che ha da poco celebrato il festival della rendita finanziaria immobiliare inaugurando quella cattedrale nel deserto chiamata Expo. Quando poi la privatizzazione passa dall’immobiliare alle ”mucche” finanziarie, come il sistema pensionistico e sanitario che in molte parti del mondo entrati a pieno titolo nel circuito profit di banche e assicurazioni, la prospettiva di una vita di sacrifici che sarà negli anni post-lavorativi ancora più segnata dalle difficoltà di vivere. Così da una parte il ”popolo” o moltitudine, secondo una definizione coniata dal filosofo Antonio Negri nel quadro del passaggio dall’imperialismo post-coloniale all’impero attuale che si agita subito dopo aver osservato sulla propria pelle la goccia che travalicava il vaso delle proprie sofferenze/fatiche e dall’altra i ”lavoratori”, più o meno organizzati, sindacati redivivi e gli studenti che hanno capito che quelle pensioni ”povere” alla fine toccheranno soprattutto a loro. Il tranello messo in atto dal ”presidente dei ricchi” Macron fondato sulla creazione di una spaccatura generazionale attraverso diversi compromessi di facciata, per fortuna, in Francia, non ha funzionato. E’ cos’ che in strada, da oltre un mese, scendono centinaia di migliaia di persone contro le privatizzazioni volute dai poteri finanziari e alcune categorie hanno di fatto bloccato un intero paese: far quadrare i conti dello Stato a spese dei lavoratori è semplicemente immorale, privatizzare i profitti e socializzandone le perdite (o i rischi) lo è altrettanto soprattutto quando questa smania di ”riforme strutturali” da anni è nella testa di quei pochi miliardari che detengono e controllano quasi tutta la ricchezza del pianeta. I soldi non sono finiti in un buco nero misterioso! sono solo malamente redistribuiti ed è qui la chiave di volta per risanare i conti pubblici, per pensare ad un welfare universalistico equo e duraturo, una sanità, scuola e trasporti rigorosamente pubblici e di qualità per tutti e alle risorse naturali e i patrimoni culturali come beni comuni e non come occasioni di rendite finanziarie per pochi. D’altro canto non è un caso che proprio per arginare future e plausibili proteste ”di piazza”, da anni si sono fatte strada due linee politiche-amministrative: da una parte il ”mantra” della governabilità che impone tagli ai parlamentari con la scusa della riduzione dei costi inutili e l’erosione della democrazia rappresentativa, giudicata inutile, corrotta, tagliata e delegittimata a suon di piattaforme digitali, strada principale per andare dritti verso il populismo, dall’altra la fissazione securitaria, fatta di giustizialismo sfrenato, telecamere in ogni dove, aumento delle pene e delle dotazioni delle forze del cosiddetto ”ordine” con la scusa del terrorismo internazionale o di un presunto aumento dei reati…che in realtà da oltre vent’anni sono in calo costante. Alcuni movimenti populisti, anche in Italia, facendo leva sulla buona fede di milioni di elettori hanno proposto l’idea di per sé non sbagliata della rappresentanza politica basata sull”amico della porta accanto”, preparato ma senza rendite, con la fedina parlamentare pulita e parallelamente la disintermediazione tramite il plebiscito elettronico. Oggi, come tangentopoli esattamente 20 anni fa, si è scoperto l’arcano di queste messe in scena funzionali ad un cambio di potere nell’ottica gattopardesca del ”cambiare tutto per non cambiare nulla”: e intanto i ricchi sempre più ricchi aumentano e la platea dei poveri si allarga.