Slow learning

SLOW-LEARNINGDiversi studi svolti su chi lavora al computer in rete indicano che ci si distrae molto di frequente. In una ricerca del 2004 le persone ogni tre minuti circa spostavano la loro attenzione dal compito che stavano eseguendo (anche per interagire con i colleghi). Studi successivi hanno mostrato come col proliferare delle “offerte” da parte del web ci si distragga sempre più di frequente: nel 2012, il tempo medio trascorso su qualsiasi schermo prima di passare ad altro (curiosare su un’altra pagina, guardare il cellulare ecc.) era sceso a 74 secondi. Una ricerca simile, eseguita su migliaia di persone, ha mostrato che l’anno scorso ci si distraeva ogni 47 secondi. In media la casella di posta veniva controllata di propria iniziativa oltre 70 volte al giorno, indipendentemente dal “ping” che annuncia l’arrivo di una mail.I nostri tempi di attenzione hanno plasmato i media, e questi, a loro volta, stanno plasmando la nostra attenzione. Pensate, ad esempio, alla velocità che caratterizza i film odierni in rapporto a un film di mezzo secolo fa o agli spot televisivi odierni rispetto al vecchio Carosello: chi oggi produce media visivi sa che bisogna cambiare di frequente immagini e situazioni altrimenti la gente potrebbe “annoiarsi” e passare ad altro. Non stupisce quindi che i bambini si distraggano di continuo quando interagiscono col computer, tablet e smartphone in quanto sono catturati da un turbinio di immagini e suoni, da un eccesso di stimoli: questa “offerta” contrasta con la loro capacità di perseverare in un compito, videogiochi a parte. Per contrastare la loro disattenzione bisogna potenziare la pratica di situazioni “lente” come il rapporto con la natura, le osservazioni scientifiche, l’ascolto di un racconto o di un brano musicale. Senza “slow-learning” il cervello è sopraffatto dagli stimoli e non è in grado di sostenere l’attenzione.