Dopo anni di inganni, da “destra” come da “sinistra”, i due orientamenti politici hanno ormai palesato la loro estraneità totale anche dai concetti basilari indicati da Norberto Bobbio (vd. “Destra e Sinistra” ed. Donzelli) per orientarsi tra le due strade che ritengo tutt’ora alternative e non sovrapponibili come vorrebbero i negazionisti “pentastellati”. Riesumando uno dei tanti concetti distintivi dell’una e dell’altra visione, ovvero quella relativa all’uguaglianza a sinistra la visione politica della società individua nell’uomo come parte della razza umana un soggetto che ha pieno diritto di raggiungere la felicità e l’autorealizzazione: come fare perché questo avvenga ? Partendo dal principio che la proprietà privata, l’uso del territorio consumistico per meri fini industriali e per il profitto capitalistico, sono l’antitesi dell’equa redistribuzione delle ricchezze e stanno alla base delle posizioni di rendita che per millenni hanno separato e separano tutt’ora le classi sociali, non vi è altra soluzione se non quella della lotta ad oltranza a tali posizioni. La ricchezza accumulata, il profitto da capitali azionari o da rendite finanziarie sono basate sullo sfruttamento: se una o poche persone detengono la stessa ricchezza di milioni di individui vuol dire che all’origine c’è un difetto di fondo. L’inganno della proprietà privata può spiegarsi facilmente attraverso la metafora della conquista del West agli albori della nascita degli USA: chi arriva prima, anche falcidiando i legittimi “utenti” ovvero i nativi pellerossa, è per definizione proprietario. La terra dovrebbe appartenere a chi la lavora ma anche questo potrebbe confliggere con il diritto di tutti a lavorarla e a possederla: una soluzione valida, sebbene sempre storicamente relegata ad una porzione marginale del totale delle terre sfruttabili economicamente, furono i diritti civici e le terre comunali aperte alla libera iniziativa degli agricoltori. Si accumula alle spalle dei lavoratori, ovvero la maggioranza della popolazione e quando la macchina lo sostituisce non è per alleviare la sua fatica ma accumulare ancora di più evitando fastidiosi scioperi o rivendicazioni. Quando non è la macchina è l’immigrato senza carte che attestino la sua presenza sul territorio per un lavoro “garantito” ad essere sfruttato. Macchinario tecnologico, lavoratore cinese sfruttato per pochi soldi, immigrato, sono sullo stesso piano: strumenti per l’accumulazione capitalistica. Dalla terra, alla rendita da questa offerta al latifondista, alla rendita finanziaria, il passo è stato breve ma al giorno d’oggi tutti questi fattori di produzione convivono e sono alla base dello sfruttamento. Gli immobili, sebbene inutilizzati o sfitti, sono tutelati a garanzia di prestiti o per investimenti futuri. Case, macchinari, cultura-istruzione, sono tutti fattori di produzione materiale o immateriale e con la finanziarizzazione dell’economia non sono distinguibili tra loro e soprattutto se dietro vi sono persone in carne ed ossa che rendono possibile l’accumulazione, poco importa. Per gli immobili, ad esempio, è chiara la causa della gentrification delle città d’arte italiane: gli abitanti sono espulsi perché non funzionali al capitale in questo caso quello impegnato nel settore del turismo e tempo libero. In questi processi di espulsione i “poveri” sono tutti sulla stesa barca, dall’ex-operaio costretto a vivere in periferia insieme all’immigrato senza tutele che lavora per pochi euro in nero, all’ex piccola borghesia impiegatizia o del commercio, senza eredità alle spalle per farvi fronte, anche se fosse solo un immobile di proprietà. Ma questo concetto di comunanza nell’impoverimento viene spesso sovrastato dalla rabbia nei confronti del “sistema” che sembrerebbe un concetto astratto ma che in realtà ha il nome e cognome di top-manager, dirigenti di alto livello, liberi professionisti, finanzieri, banchieri, ecc. Riprendersi il maltolto da questa élite che negli USA è stimata in circa il 10% costituita dallo 0,1% iper-ricco e dal 9,9% che tende a quel modello di accumulazione “ereditaria” è molto difficile e soprattutto non c’è l’interesse di nessuna élite politica che ne è in tutto o in parte espressione. Questo 10% è artefice di un blocco della mobilità sociale e di un acuirsi delle disuguaglianze sociali (Curva di Gatsby) che è la vera origine di guerre, sfruttamenti, migrazioni: in questo modello capitalistico di accumulazione “forzata” verso l’alto, da “condannati” del PIL in aumento (peraltro senza poter fare troppi debiti!) viene molto facile individuare nel migrante, nel complotto internazionale, nel diverso, nell’anticonformista, il nemico che mette a rischio quel residuo di ricchezza che si ha e si ha paura di perdere. L’altro nemico è astratto, troppo furbo e alle volte affascina perché spesso ha le sembianze dell’uomo che si è fatto da solo (Berlusconi, Trump, ecc.) e rappresenta un modello inconfessabile per molti. A questo punto si apre un capitolo nuovo riguardo alle caratteristiche che deve assumere una comunicazione che vuole puntare sul concetto di uguaglianza, contro un modello che punta sul mito del merito, sulla cosiddetta sana competizione tra persone “naturalmente” diverse per capacità: come convincere un pensiero reazionario conservatore che un bimbo della classe operaia se scambiato nella culla – sempre che nasca nello stesso ospedale – con il figlio di un ricco imprenditore, avrà un futuro radioso ? Come convincere che nella società odierna il merito è ormai una chimera, un falso-mito alimentato da tonnellate di cinematografia targata USA che ci ha imbottiti di self-made man vincenti, di volenterosi signor-nessuno emersi dalla banalità come tanti Martin Eden di Jack London ? Questi modelli che in realtà sono le eccezioni che confermano la regola sembrano raggiungibili a patto che lo si voglia: da qui la programmazione neuro-linguistica, i coach e i personal coach in stile statunitense che hanno convinto intere generazioni di “perdenti” sfigati di essere loro la causa dei propri insuccessi lavorativi o del loro livello di status socio-economico. Parlando di migranti, un dei nemici proposti dalla destra populista e fascistoide, si può ad esempio portare la propria esperienza di volontario, di studioso delle migrazioni ma sempre inserendo un elemento emotivo, empatico tra due comunicazioni “razionali” basate sui numeri. Le immagini, il look sono anch’essi strumenti utili: una donna Rom ben inclusa socialmente ed economicamente, vestita “bene”, secondo lo stereotipo perbenista borghese, può raccontarsi subito dopo essersi cambiata con gli abiti tradizionali di fronte ad una platea attonita. Rompere i pregiudizi in una società imbottita di fake-news che ci allontanano ogni giorno di più dalla persona fisica in carne ed ossa con la sua personalissima storia è molto difficile ma si può fare: attraverso la conoscenza personale dell'”altro”, dell’altra cultura, anche attraverso momenti di convivialità o di lavoro e di vicinanza si può testimoniare a pioggia, con l’autorevolezza della fonte, la propria uguaglianza di capacità, di desideri, di sogni umani con l’altro da sé. Quindi, la tecnica del “panino” utilizzata dai manager d’azienda per convincere la propria squadra su una propria idea, anche in questo caso può funzionare: non basta sciorinare cifre riguardo la falsità della presunta “invasione” dei migranti, oppure sul numero di reati per controbattere un pensiero che parte da un’emozione forte come quella della paura di perdere quel poco che si ha! Quindi la regola deve essere sempre MESSAGGIO EMOTIVO – MESSAGGIO RAZIONALE – MESSAGGIO EMOTIVO. La forza di questo modello, peraltro lo stesso utilizzato dagli affabulatori politici in TV e dai nostri governanti, è che in mezzo non c’è una fake-news ma un dato reale, incontrovertibile.